Il calendario egiziano
Non vi sono forse altri casi in cui la storia ed il destino di un popolo siano stati così profondamente intrecciati al ritmo vitale di un fiume ed alle sue periodiche inondazioni. Un evento naturale spettacolare ed imponente che assicura la fertilità della sottile striscia di terra che lo fiancheggia ed ha reso possibile lo sviluppo di una delle grandi civiltà del mondo.
Già lo storico greco Erodoto (484-430 a.C.) riferisce che dopo il solstizio d’estate (corrispondente ai giorni 21 o 22 Giugno del nostro calendario) il Nilo comincia a crescere al di sotto dell’ultima cateratta dove il fiume si abbassa considerevolmente (oggi le cateratte sono comprese tra Assuan, nel sud dell’Egitto e l’antica Meroe, nel nord del Sudan). La piena raggiunge il massimo agli inizi di ottobre poi comincia a ritirarsi lasciando sulle terre uno strato fangoso. Qui il grano può essere seminato senza alcun lavoro preparatorio e dopo qualche settimana si ha la germinazione della pianta che conclude i quattro mesi (tetramenia) del periodo di inondazione. Ha così avvio lo sviluppo della pianta che occupa la tetramenia successiva detta periodo di vegetazione. Completata quest’ultima, verso la fine di febbraio ha inizio l’ultima tetramenia, il periodo del raccolto, che va a concludersi con l’inizio della nuova inondazione in prossimità del solstizio estivo (SCHIA 77).
In questo modo, il ciclo naturale del fiume si accordava con il ciclo della coltivazione del grano cadenzando il lavoro e le attività economiche e sociali di un intero popolo (citare SCHIA 122?) in tre periodi di quattro mesi ciascuno (vedi geroglifici tetramenie SCHI 76). Gli astri sembravano confermare l’ordine sovrannaturale di questo grande ciclo poiché si realizzava la straordinaria coincidenza che Sirio – la più luminosa delle stelle del cielo boreale – dopo un lungo periodo di occultazione facesse la sua prima apparizione dopo l’alba (levata eliaca) poco dopo il solstizio estivo in coincidenza con l’inizio della inondazione del nilo.
Queste particolarissime condizioni naturali non potevano non incidere profondamente anche nel computo del tempo. In effetti, a partire dalla unificazione del basso con l’alto egitto – un periodo che gli storici chiamano arcaico (3000 a.C.) – in ambito civile venne adottato il calendario fisso egiziano che, con elementi di straordinaria originalità, aderì ai fatti naturali ricordati.
Analogamente al calendario babilonese, il giorno iniziava con il sorgere del sole e si concludeva all’alba successiva.
Il mese, invece, veniva affidato alle stelle perdendo ogni relazione con i movimenti della luna. Infatti, il mese aveva una lunghezza fissa di 30 giorni divisi in tre decadi e ciascuna decade era annunciata dalla levata eliaca di una particolare stella di riferimento detta decana.
Anche l’anno era affidato alle stelle, trovando la sua guida semplice e sicura nella levata eliaca di Sirio, la più importante e luminosa delle stelle decane, che annunciava il nuovo anno in corrispondenza del solstizio estivo e dell’inizio della piena del nilo.
L’uso di questa tecnica è documentato da iscrizioni monumentali che risalgono al nuovo regno (1400 a.C. SCHIA 124) ma non vi sono dubbi che questa abbia lungamente accompagnato la storia egizia sin dal terzo millennio prima di cristo. Altrettanto antica sembra essere la scoperta che il loro anno, marcato da due successive levate eliache di Sirio, non comprendesse un numero intero di giorni ma 365 giorni e ¼ (ovvero 365 giorni e 6 ore), un fatto – come vedremo – che ebbe grande rilevanza nello sviluppo del loro calendario.
La scelta di mesi di lunghezza fissa di 30 giorni a fronte di un anno di 365 giorni e ¼ faceva si che un anno potesse contenere 12 mesi interi con un resto di 5 giorni e 1/4 che veniva trattato in modo assai singolare. I 5 giorni non venivano redistribuiti tra i mesi, piuttosto erano accodati al dodicesimo mese a concludere l’anno e venivano detti giorni epagomeni (dal lat. tardo epagomĕnus, gr. ἐπαγόμενος, part. passivo di ἐπάγω «portare sopra, aggiungere»). Il 1/4 di giorno, invece, probabilmente scoperto diversi secoli dopo l’adozione del calendario, fu sempre deliberatamente trascurato di modo che il calendario civile egizio ha avuto una lunghezza fissa di 365 giorni per tutto il corso della sua lunga storia fino alla conquista romana.
Tale scelta conferiva al calendario fisso egiziano una proprietà unica e affascinante. Dato che il calendario prevedeva 365 giorni, mentre il ciclo delle stagioni – marcato dalla levata eliaca di Sirio – durava 365 giorni e ¼, accadeva che ogni quattro anni (tetraeteride) la levata eliaca di Sirio cadesse nel giorno seguente del calendario. La scelta di mantenere l’anno alla durata fissa di 365 giorni faceva si che, col passare degli anni, la levata eliaca di Sirio e con essa tutti fenomeni stagionali tra cui la piena del Nilo, avanzasse nel calendario civile. Si rompeva così quella relazione fissa tra calendario e stagioni che la maggior parte dei calendari hanno strenuamente difesa introducendo complesse tecniche di compensazione quali il tredicesimo mese del calendario babilonese o il giorno bisestile dell’attuale calendario gregoriano.
Sconcertati da questa proprietà, i commentatori latini chiamavano il calendario civile egiziano annus vagus (anno errante), una definizione non del tutto esatta poiché dopo 4×365=1460 anni la levata eliaca di Sirio e le stagioni avevano percorso l’intero calendario e tornavano a cadere nello stesso giorno. Si realizzava così “il ritorno di Sirio” un evento che gli egizi chiamavano apocatastasi (dal greco ritorno alla origine) e che chiudeva un periodo detto ciclo sotiaco.
E’ naturale supporre che gli antichi egizi facessero iniziare il ciclo sotiaco nell’anno in cui la levata eliaca di Sirio cadeva proprio nel primo giorno del calendario (giorno 1 del mese di Thot). Ora, dagli antichi trattati ed in particolare dall’Almagesto di Tolomeo, sappiamo che nel 139 d.C. la levata eliaca di Sirio cadeva il 20 luglio che, a sua volta, quell’anno cadeva proprio nel giorno 1 del mese di Thot. Ne deduciamo che i cicli sotiaci precedenti iniziarono negli anni 1322 a.C., 2782 a.C., 4242 a.C., 5702 a.C. etc. etc. del nostro calendario.
Si ritiene che i cicli sotiaci organizzassero i lunghi secoli della storia egizia in periodi o età. Si possono riferire diverse testimonianze in proposito (vedi anche Vetus Chronicon citato nella Cronaca di G. Sincello, un alto prelato bizantino della fine dell’VIII sec. D.C.). Manetone ad esempio – uno storico e sacerdote greco del III sec. A.C. – afferma che l’anno 5702 a.C. chiudeva un periodo di 17 cicli sotiaci completi della storia del mondo dominato dagli dei, semidei ed eroi (dunque una origine del mondo fissata nell’anno 17×1460=24820 a.C.). In quello stesso anno iniziava poi il 18-esimo ciclo che – assieme al 19-esimo (4242 a.C.), 20-esimo (2782 a.C.) e 21-esimo (1322 a.C.) ciclo – conteneva la millenaria storia dell’antico egitto che pareva così determinata dall’ordine del tempo piuttosto che dalla casualità delle azioni umane.
Il ciclo sotiaco era considerato un aspetto fondamentale del calendario egizio che andava oltre il semplice dato astronomico per cui ancora nell’anno 239. A.C. – già conclusa la lunga parabola storico-politica del regno egiziano – i sacerdoti egizi si rifiutavano di applicare il decreto di Canopo di Tolomeo III che chiedeva di compensare il 1/4 di giorno all’origine dell’anno vago, aggiungendo ogni quattro anni un giorno in più ai cinque giorni epagomeni di fine anno.
Il calendario conservò così la sua lunghezza fissa di 365 giorni e con essa la sua estrema facilità di utilizzo nel calcolo del numero dei giorni che separano due determinate date (nel nostro calendario un simile calcolo sarebbe complicato dalla necessità di tenere conto dei bisestili), una proprietà che convinse Tolomeo ad affidare proprio al calendario civile egiziano il calcolo dei tempi secolari dell’almagesto. Il problema fu nuovamente affrontato nel 25 a.C. quando Augusto, sconfitti Antonio e Cleopatra, entrò vittorioso ad Alessandria facendo dell’Egitto una delle più importanti e fiorenti province dell’impero. Tra le numerose riforme amministrative portate da Roma vi fu il recupero del decreto di Canopo che rese definitivamente operativa l’introduzione del giorno ‘bisestile’ tra i giorni epagomeni del calendario egizio. Nasceva così il calendario egiziano riformato che ha attraversato i secoli per giungere fino a noi nell’attuale calendario copto ed etiope.