Approfondimento: L'invenzione dell'orologio meccanico

L’INVENZIONE DELL’OROLOGIO MECCANICO

Le descrizioni dei geniali congegni meccanici di Archita (428-360 a.C.), Ctesibio (III sec. A.C.) ed Erone (I sec. D.C.) ed il ritrovamente del meccanismo di Antikytera – forse un calcolatore analogico per l’astronomia – provano che i greci-alessandrini possedevano avanzate conoscenze nel campo della meccanica applicata ed erano in grado di realizzare con grande precisione complessi congegni. Il tramonto della civiltà greco-romana non disperse queste conoscenze che furono acquisite e perfezionate dagli arabi e nuovamente restituite all’occidente medioevale con il fondamentale trattato di orologeria e meccanica di Al-Jazari, scritto nel 1206. Un testo fondamentale sotto il cui influsso nacquero i primi trattati su macchine ed automi che certamente prepararono il terreno alla invenzione dell’orologio meccanico sul finire del ‘200 o all’inizio del ‘300.

E’una delle grandissime invenzioni della storia umana, fiorita nell’Europa medioevale che non aveva certo la posizione di potenza politica ed economica quali invece potevano vantare l’Islam e la Cina, e che dell’Europa rimase quasi eclusivo monopolio per oltre cinque secoli contribuendo alla sua affermazione di potenza egemone. Ebbe conseguenze rivoluzionarie in ambito tecnologico, sociale e culturale. L’orologio meccanico avviò una attività manifatturiera di alto livello capace di trainare lo sviluppo di tutte le arti meccaniche. I grandi orologi da torre affermarono la centralità del tempo nella organizzazione della comunità, mentre gli orologi d’appartamento ed infine quelli portabili dalle singole persone segnarono il passaggio da un tempo pubblico ad un tempo privato diffondendo quella cultura della efficienza e della produttività che, nel bene e nel male, fondano la nostra civiltà: “Sarà l’orologio meccanico e non la macchina a vapore lo strumento basilare della moderba era industriale” (Lewis Mumford, 1934).

Nonostante la sua rilevanza, non conosciamo però ne data né autore dell’invenzione. Sappiamo che il Liber del Saber Astronomico, pubblicato nel 1277 per ordine di Alfonso X di Castiglia, descrive un orologio a mercurio ma non un orologio meccanico. Poiché la sua corte era uno dei centri della cultura del tempo possiamo arguire che in quella data l’orologio meccanico non fosse ancora stato inventato. D’altra parte, verso il 1350, Giovanni De Dondi di Padova forniva una descrizione assai dettagliata del suo orologio astronomico non dicendo invece quasi nulla sul meccanismo che costituisce il cuore dell’orologio, lo scappamento, perché – affermava – “si tratta di un procedimento ben conosciuto”. Dobbiamo allora datare l’invenzione tra il 1277 ed il 1350 e probabilmente a cavallo dei due secoli quando gli storici verificano un flusso senza precedenti di riferimenti all’orologio. Ne è una prova Dante che accenna all’orologio in diversi punti della terza cantica della Divina Commedia, scritta intorno al 1320:

Paradiso Canto X verso 139

Indi, come orologio che ne chiami

ne l’ora che la sposa di Dio surge

a mattinar lo sposo perché l’ami,

che l’una parte e l’altra tira e urge,

tin tin sonando con sì dolce nota,

che ‘l ben disposto spirto d’amor turge;

così vid’io la gloriosa rota

muoversi e render voce a voce in tempra

e in dolcezza ch’esser non pò nota

se non colà dove gioir s’insempra.

 

Paradiso Canto XXIV, verso 13

E come cerchi in tempra d’orïuoli

si giran sì, che ’l primo a chi pon mente

quïeto pare, e l’ultimo che voli;15

 

così quelle carole, differente-

mente danzando, de la sua ricchezza

mi facieno stimar, veloci e lente.

Con tutta probabilità, i primi orologi meccanici erano orologi da torre che battevano il tempo per tutta la comunità. Diffusi in Italia e nella Germania meridionale, erano realizzati in ferro battuto sia nei ruotismi che nella incastellatura e dunque inizialmente costruiti da artigiani delle corporazioni dei fabbri e dai fabbricanti di serrature. Tuttavia i progressi dovettero essere assai rapidi poiché tra il 1348 ed il 1362 Giovanni de Dondi realizzò un complesso orologio astronomico in rame ed ottone, capace di riprodurre con estrema cura i moti del sole, della luna e dei cinque pianeti con i punti di attraversamento dell’eclittica e completato da un calendario perpetuo per le feste religiose fisse e mobili. Una prodezza tecnologica, rimasta insuperata fino al 1842 quando Schwilgue costruì il terzo orologio di Strasburgo, la quale indica però che già nella seconda metà del ‘300 si era avviato quel processo di sviluppo tecnologico che vorrà portare gli orlogi nelle case e poi sulle singole persone.